L'amatriciana è rosa, non rossa.
Il guanciale non è abbondante, è quanto basta per offrire sapore.
La cipolla va dorata nel grasso del guanciale, il quale viene sciolto e arrostito per primo, in padella con olio extravergine d'oliva.
Il pecorino romano, abbondante, viene mantecato con i bucatini e almeno due mestoli e mezzo di acqua di cottura.
I bucatini vengono scolati almeno due minuti prima della cottura al dente segnalata nel pacco di pasta, rigorosamente prodotta da grano duro italiano.
Il pomodoro è il San Marzano. Se usato fresco, ne bastano 3,5 grandi (su quattro piatti), se usato da barattolo di latta, bisogna prendere solo i filetti del San Marzano (bastano 5,5 filetti interi), e non il succo che trovate all'interno del barattolo.
Il risultato è quello che mangiavano i contadini, almeno alcuni di essi, ovvero è la cucina povera, ingegnosa e gustosa delle famiglie romane e laziali di campagna.
Ma perché la amatriciana ha cambiato completamente aspetto e quantità?
Quello che ho sommariamente sopra descritto, l'ho imparato da una persona che mi ha insegnato la ricetta proveniente da sua nonna, e dalla sua bisnonna, 15 anni fa a Roma.
Chiaro che ho dovuto farmi due domande su come mai tale ricetta storica non fosse più considerata 'originale'. Fa un po' sorridere che una signora del 1800 non offrisse alla sua famiglia la "vera" ricetta della amatriciana.
Neanche oggi possiamo rinnegare la letteratura gastronomica italiana e regionale, tantomeno la letteratura laziale ed abruzzese, dunque, va cercata una soluzione, una risposta ragionevole a questo enorme dissidio tra letteratura e ricette popolari antiche. Definiamole "versioni storiche tramandate".
Ed ecco la domanda: Perché le ricette delle nostre bisnonne, o meglio di alcune di esse, non sono più accettate come 'originali'?
Secondo me perché in Italia, i nobili hanno sempre "dettato Legge", sdoganando i piatti che i loro personali cuochi (spesso in team europei) facevano per loro, accontentando le esagerazioni che i nobili stessi amavano presentare ai loro ospiti nei loro "banchetti".
Figuriamoci se la cucina di un nobile italiano non fosse fatta di eccessi, spreco e spregiudicatezza e se quanto in quei piatti di fine porcellana non facesse più notizia e non ottenesse piú autorevolezza di un piatto cucinato nelle casette dei contadini di zona e porzionato nelle scodelle di terracotta.
<<EUREKA!>> Mi dico tra me e me. Forse ho capito perché la ricetta "accettata" della amatriciana ha perso la cipolla, sostituita interamente da una più ampia quantità di guanciale e una più ampia quantità di pomodoro necessario ad abbassare il sentore di grassi.
Risultato? Un piatto, in quel tempo, per ricchissimi, non certo un piatto che risponde alle sane abitudini delle famiglie contadine, decisamente guidate da più saggezza e ingegnosità.
Provate a dorare la cipolla dopo aver croccato il guanciale in olio extravergine di oliva. Questa prenderà il sapore del guanciale, più precisamente, delle parti grasse del guanciale.
Ma questa opinione si scontra con la storia della Gricia e, dunque, sebbene possa sembrare una valida soluzione, non trova campo libero sull'assioma Gricia/Amatriciana, derivante dalla città di Amatrice e zone limitrofe.
Tuttavia, resta campo libero a Roma e nelle zone limitrofe e non toglie che comunque esistono ricette popolari tramandate che sposano la parsimonia e la genialità popolare.
Inoltre, non mancano in letteratura posizioni contrarie. Mi è piaciuta molto la ricostruzione dello storico Dott. Valerio Mero, che di seguito riporto:
Video 1: "Come nasce L'amatriciana? Storia Vs Leggenda.
https://youtu.be/KYsD5YJdDU8?si=9bYyi-z97S1Sy6Dy
Video 2: "Perché la cipolla è scomparsa dalla ricetta originale della Amatriciana?"
https://youtu.be/aXXA-aTmtWo?si=37g9xw--LC5PEg3i
Tornando a quel che penso, il problema è che la cultura e le abitudini culinarie di (quasi!) ogni famiglia dell'Italia di oggi, sono più simili alle cucine nobiliari di un tempo che alle cucine contadine. Nell'epoca del progresso, si è preferito seguire il trend di eccessi e "ultra-sapori", imitare quei banchetti, un tempo proibitivi, della antica nobiltà.
Mentre i nobili non avevano limiti a grassi e zuccheri, i contadini (più umili) utilizzavano in modo massiccio gli ingredienti poveri capaci di imitare gli ingredienti costosi.
Emblematico è lo "scpaghett' 'e vongol' fujut". Napoletano, geniale.
Al di là delle letture e delle riflessioni, ho potuto assistere alla semplicità ed alla sapienza del passato contadino quando mi sono trovato a pranzo in contesti agresti in aree agricole nel Sud. È lì che ho assunto la ratio della cucina antica mediterranea italiana. Semplicemente geniale!
Sia ben chiara una cosa: pur se rispetto le scelte della gastronomia attuale, non le condivido completamente. Io penso che le nonne e le bisnonne di qualche decennio fa, guardando la TV e sentendo cose assurde, tipo che la cipolla nella "a-matriciana" non si può mettere, avranno detto così: "Ma chi è questo?".
Lo avranno detto in silenzio, magari lavando i piatti col VIM o con la cenere, lo avranno espresso in un solo gesto, senza proferire parola, con una mano chiusa a guscio e disposta come solo noi italiani sappiamo fare, in ogni casa, e tutti alla stessa maniera.
Roma, 21 gennaio 2024
Mirko Marangione
POST SCRIPTUM del 25 gennaio 2024
Sono molto soddisfatto del post che ho lanciato sul gruppo facebook Chef & Maître sulla #Amatriciana. Lo potete leggere al link sul mio Blog. A quanto pare è stato il post recente che ha ricevuto più interazioni nel gruppo, superando i #100 commenti. Ringrazio vivamente i maggiori contributors che hanno arricchito la discussione, come ad esempio sulla presunta distinzione tra "Amatriciana" di Amatrice e "Matriciana" Romana.
Il tema della Amatriciana (o Matriciana), il tema della sua preparazione, cipolla si/no, bucatini o spaghetti, rossa/bianca o rosa, le varie ricette popolari che si distinguono da quella ufficiale, la consacrazione della Amatriciana in PAT e De.Co. (un bene per l'economia e la cultura Italiana, e sono ben felice di questo passo fatto), ed ancora, la ricca letteratura sul tema, la rende, ancora oggi, un piatto ultra discusso, capace di produrre interessanti dialettiche.
Nel 2015 Cracco parlò addirittura di aglio schiacciato in padella. Nacque una discussione tra politica e alta cucina, entrambi personaggi popolari. Se non ho capito male finì con un passo indietro da parte di Cracco. A ben vedere nella ricetta ufficiale, in padella non va schiacciato uno spicchio aglio, ma nella ricetta della produzione di guanciale Amatriciano, c'è l'aglio. Diciamo che si va ad 1-1, vincono tutti.
Eh già. Anche il signor aglio, o quel che ne resta, se pur nascosto bene bene, è presente nel piatto.
Quel che invece è completamente sparito negli ultimi anni è la cipolla. Non la troviamo da nessuna parte, eppure ancora oggi, produce non poche discussioni. Non mancano, anche in letteratura, posizioni contrarie, ma secondo me bisognerebbe iniziare a distinguere la ricetta di Amatrice con la sua storia abruzzese ed il suo arrivo odierno ormai chiaro, e la ricetta, o le ricette, che si sono sviluppate a Roma e nel resto del Lazio.
Che dire, parliamone, parlatene, creiamo e create Amatriciana, Matriciana, o varianti nel mondo, fa bene alla storia, alla economia, alla cultura, ma soprattutto all'integrazione tra i popoli.
Il cibo buono ci ha sempre fatto sedere allo stesso tavolo in pace.
Roma, 25 gennaio 2024
Mirko Marangione